L’opinione pubblica è scossa in questi giorni dalla morte di una quasi quattordicenne, “caduta” da un balcone mentre era in compagnia di un ragazzo con cui condivideva una storia d’amore adolescenziale.
Voglio soffermarmi sugli aspetti che più mi hanno colpito.
- L’informazione, stampata e non, ha definito gli attori di questa vicenda una coppia di fidanzati. Sono andata a vedere il significato reale (le parole hanno un senso ed un peso) di questo sostantivo: coloro che hanno una relazione sentimentale stabile ed eventualmente scambiato promessa di matrimonio. Se ve ne fosse bisogno,faccio sommessamente notare come la somma degli anni dei due non superasse il 28. Dovremmo tutti fare uno sforzo per trovare le parole giuste e non rischiare una narrazione errata e fuorviante.
- Pare che il 15enne fosse “geloso in maniera ossessiva” ed esercitasse violenza psicologica e fisica. Vorrei porre l’accento sul come mai un ragazzino (perché di questo si tratta) mostri già una così elevata “fragilità relazionale” a tal punto da diventare violento e pericoloso per il benessere di terze persone. Al momento in cui scrivo non so se il nostro fosse seguito da qualche servizio o professionista, ma una cosa è certa: questo tipo di problematiche sono visibilissime in quanto si traducono in comportamenti che possono sfociare nel bullismo o in atti violenti. Pensare – eventualmente – che non potessero ricadere sulla sua “amata” si è rivelata una pia illusione.
- Dalle dichiarazioni, sembra che il presunto assassino frequentasse la casa della vittima finanche a tarda notte. Mi chiedo come fosse possibile. Molti genitori, attualmente preferiscono – probabilmente per gestire meglio la situazione – favorire una frequentazione domestica da parte del partner di turno dei loro figli. Sinceramente non sono mai stata favorevole a ciò (anche se capisco le preoccupazioni che portano a tale scelta). I primi innamoramenti dovrebbero rimanere tali: temporalmente precari (come la fase evolutiva vuole) e non investiti di un’ufficialità che di fatto ne cambia la natura, appesantendola di una serie di elementi che spesso impediscono la funzione evolutiva ed esperienziale della stessa. Ma anche il fatto che un appena adolescente possa rimanere fuori casa di sera tardi, la dice lunga sulla difficoltà delle famiglie di esercitare il dovuto “monitoraggio” e dare le indispensabili coordinate comportamentali. Si preferisce concedere la libertà senza nessun perimetro. In presenza di un disagio importante, gli esiti possono essere infausti.
Da questa tragedia sembra venire fuori un quadro complesso:
- Solitudine dei ragazzi;
- Disattenzione degli adulti;
- Senso di impotenza;
- Negazione e Rimozione delle fragilità;
- Assenza di strumenti di prevenzione e contrasto;
- Famiglie che non riescono ad esercitare un’efficace azione educativa; famiglie disfunzionali; famiglie devastate dalla violenza domestica;
- Una scuola fortemente deprivata negli ultimi anni della sua, insostituibile, funzione educativa, ridotta a dispensatrice di nozioni.
- Un sistema di welfare incapace di intercettare il malessere, il disagio, le condotte devianti;
- Istituzioni apparentemente inconsapevoli del pericolo e del già sfacelo.
Cosa deve ancora accadere per farci uscire da quest’incantesimo malefico, chiedere il necessario cambiamento ed un futuro migliore per i nostri ragazzi e, conseguentemente, per tutti noi?
PierAnna Pischedda, Psicologa